Dina


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In questa foto Dina
Nata nel ---
Professione contadina e casalinga
Luogo Lavoro in campagna Guastalla
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Ho intervistato Nonna Angela e Nonno Vittorio, nati nel 1942 e nel 1937, che vivevano a Guastalla (RE) e a Cocullo (AQ)               

) Che tipo di lavoro facevano le donne della tua famiglia prima della seconda guerra mondiale e durante la guerra? Dopo la guerra hanno continuato a lavorare? Con lo stesso lavoro o hanno cambiato? Se lavoravano come è cambiata l’organizzazione della famiglia e i rapporti tra i famigliari?

Nonna Angela: La mia mamma (Dina) faceva la casalinga e lavorava in campagna. Avevamo un podere e un allevamento di maiali, mucche, galline, oche, tacchini e faraone. Ogni giorno la mia mamma e le mie sorelle più grandi si occupavano della casa, preparavano da mangiare, accudivano i fratelli più piccoli, si occupavano dell’orto e degli animali da cortile. Il papà e i fratelli più grandi si occupavano di coltivare la terra, dei maiali e delle mucche. La famiglia era composta da 10 figli più i genitori.

Nonno Vittorio: Le mie sorelle più grandi durante la guerra frequentavano la scuola ed hanno continuato anche dopo. La mamma era casalinga si occupava della casa, dei figli, delle galline e dei conigli, che avevano quasi tutte le famiglie. Il nonno era il maestro dell’unica scuola del paese composta da un’unica classe.

 2) Parlami di un tuo ricordo significativo dell’ epoca.

Nonna Angela: Ero molto piccola non ho ricordi particolari. L’unica cosa che mi raccontava mio padre è che i tedeschi venivano e prendevano ciò di cui avevano bisogno per loro o per i loro cavalli.

Nonno Vittorio: Avevano preso una delle nostre case per usarla come infermeria; accedevano alle nostre proprietà liberamente e prendevano ciò di cui avevano bisogno senza chiedere: cibo, olio, vino, fili elettrici e lampadine.  Ricordo di un giorno in cui il cielo fu coperto per molto tempo da aerei, non avevamo cognizione di ciò che stava accadendo, avevamo molta paura, ci rifugiammo tutti in casa…probabilmente fu il giorno in cui bombardarono Montecassino. A volte ordinavano agli uomini di scavare trincee o postazioni per artiglieria, chi si rifiutava veniva picchiato e in un caso addirittura spararono ad una persona ferendola, chi si comportava bene veniva pagato con la loro moneta, ma ricordo che gli adulti di nascosto stracciavano e gettavano queste banconote. In quel periodo, avevo all’incirca 7 anni, un giorno trovai per caso una pistola dei tedeschi, la presi e tornai fiero a casa, non appena mio padre la vide me la sequestrò e se ne liberò immediatamente. Un episodio divertente che ricordo dell’immediato dopo guerra è di quando decisi di marinare la scuola, andai in campagna con un amico più grande; peccato che mio padre fosse il maestro. Quando non mi vide arrivare a scuola lasciò soli gli alunni per venirmi a cercare, in poco tempo mi trovò e mi riportò in classe a calci nel sedere.

 

RICORDI DELLA SCUOLA

La mia scuola era in un piccolo paese, quindi i bambini erano riuniti tutti insieme senza la suddivisione delle diverse annate. Facevamo lezione in un’unica stanza con la stufa a legna che veniva accesa dal maestro al mattino, al momento dell’entrata in classe. I banchi erano un corpo unico, di legno, tra piano di appoggio e panca per sedersi, dove c’era spazio per due alunni. Nel piano c’era un piccolo incavo grande come una tazzina da caffè, dove veniva versato l’inchiostro, che si preparava in una bottiglia, miscelando acqua e una polvere scura, utilizzata poi per il rabbocco quando terminava. Per scrivere si utilizzava un pennino che andava intinto nell’inchiostro e ci si doveva aiutare con la carta assorbente per non lasciare grosse macchie sul quaderno. La lavagna non era a muro ma posata su un basamento e poteva essere girata da un lato all’altro; sulle pareti c’era solo una cartina geografica dell’Italia. Tutti gli alunni indossavano un grembiule di colore nero con il colletto bianco e si andava a scuola solo al mattino a un orario che variava in base alle stagioni. Eravamo suddivisi nei banchi in base all’età e si veniva accoppiati con compagni dello stesso sesso. In aula non c’era mai confusione perché chi si comportava male riceveva bacchettate sulle mani. Si faceva ricreazione, tempo permettendo nel cortile antistante la scuola che veniva utilizzato anche per fare ginnastica. Il libro con cui si imparava a scrivere era il sillabario, avevamo due quaderni: uno di italiano e l’altro di matematica e per allenarci nella scrittura il maestro ci faceva fare tante stanghette e cerchietti. La cartella assomigliava a una piccola valigetta rigida di colore rosso.

 

Matteo Baraldi

LE DONNE - Lavoro in campagna Guastalla